Agricoltura biologica

L’agricoltura biologica è in forte crescita in tutto il mondo. Anche in Italia si registra una tendenza positiva per superficie, numero di aziende e in termini di fatturato.

Il nostro Paese occupa i primi posti all’interno dell'Unione europea per produzione agricola biologica, si colloca al secondo posto per l’estensione delle aree biologiche e risulta tra i primi produttori al mondo di agrumi, olive, frutta, cereali e ortaggi. 

Il termine biologico deriva dal vocabolo greco “bios”, che significa “vita”. 

L’agricoltura biologica si distingue da quella convenzionale per la scelta consapevole di non utilizzare prodotti chimici di sintesi (fertilizzanti, insetticidi, fungicidi, diserbanti, fitoregolatori, biostimolanti, medicinali veterinari, ecc.), pericolosi per la salute umana e per l’ambiente. Non sono ammesse, inoltre, modalità agricole irrispettose dei diritti degli animali e dei cicli biologici degli ecosistemi naturali.

Secondo la definizione dell’Unione europea, l’agricoltura biologica è “un sistema di gestione delle fattorie e della produzione del cibo che mette insieme le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la conservazione delle risorse naturali e l’applicazione dei più alti standard del benessere animale”. 

In questo sistema rientrano anche tutti gli stadi della catena produttiva: 

  • materie prime;
  • trasformazione;
  • stoccaggio;
  • trasporto;
  • distribuzione;
  • vendita al dettaglio. 

L’agricoltura “bio”, per usare una denominazione molto diffusa nel nostro Paese, ha come obiettivo fondante il mantenimento e aumento della sostanza organica nel terreno, con riduzione, anzi, eliminazione di fertilizzanti di sintesi, erbicidi e fitofarmaci.

Un’azienda agricola biologica rappresenta un agroecosistema rispettoso delle colture stagionali, della fertilità del suolo, degli animali, e contribuisce all’equilibrio dell’ambiente.

Convertire un’azienda agricola tradizionale al metodo di coltivazione biologico non significa semplicemente sostituire i prodotti chimici con quelli consentiti nelle norme specifiche del regolamento sul "bio", ma reimpostare completamente le attività agricole e  orientarle verso una profonda sensibilizzazione per l’ambiente e la salute del consumatore.

L’agricoltura biologica, rispetto alle coltivazioni convenzionali con pratiche agricole che eccedono nello sfruttamento delle risorse naturali (suolo, acqua e aria), contribuisce alla protezione dell’ambiente e riduce l’impatto sul clima.  

Il “bio” aiuta a combattere il riscaldamento globale. In un contesto in cui la produzione alimentare rilascia in atmosfera il 57% dei gas responsabili dell’effetto serra, il ricorso al biologico limita le emissioni inquinanti e immagazzinando più anidride carbonica (CO2) nel suolo:

  • l’uso di fertilizzanti organici riduce le emissioni di CO2 generate nella produzione industriale di fertilizzanti chimici di sintesi;
  • la coltivazione di leguminose, utilizzate nei sovesci per arricchire il terreno di sostanza organica, consente la fissazione biologica dell'azoto nel suolo e riduce le emissioni del gas serra protossido di azoto (N2O);
  • le lunghe rotazioni colturali limitano il numero delle lavorazioni del terreno allevamento all'aperto su prati permanenti, fissano il carbonio nel suolo e compensano le emissioni di metano degli animali protezione;
  • strutture ecologiche come siepi, alberi, boschetti e manutenzione delle fasce erbose contribuiscono anch’esse al sequestro del carbonio.

Questi elementi sono anche favorevoli allo sviluppo e alla salvaguardia di una utile biodiversità animale e vegetale. Grazie alle sue pratiche colturali, l’agricoltura biologica, infatti, protegge le specie e ripristina gli ecosistemi terrestri e acquatici attraverso:

  • il mancato utilizzo dei pesticidi di sintesi chimica;
  • la presenza di prati, siepi, fasce alberate, boschetti, strisce erbose e rotazioni colturali più diversificate e più lunghe, che forniscono ripari e risorse alimentari varie e continue a specie utili (api, coccinelle, uccelli insettivori, lombrichi che fertilizzano il terreno, rospi e ricci per proteggere i raccolti).  

Il “bio” rispetta la fertilità dei suoli. Numerosi studi riportano che i livelli di sostanza organica risultano più elevati nei terreni coltivati col metodo biologico. L’incremento è dovuto all'introduzione di leguminose e di altre colture da sovescio nelle rotazioni e allo spandimento di letame zootecnico o di sostanze organiche generalmente compostate. 

La maggior presenza di sostanza organica e l’assenza di prodotti chimici di sintesi permettono ai suoli agricoli biologici di ospitare un maggior numero di animali, anche microscopici. La ricchezza di sostanza organica migliora le caratteristiche fisiche dei suoli, li rende più stabili, ne migliora la porosità e permette una maggiore capacità di ritenzione idrica: fattori che consentono alle colture di essere anche più resistenti alla siccità. 

L'introduzione delle colture di leguminose nelle rotazioni e l'apporto di sostanza organica aiutano a regolare la fertilità dei suoli e limitano il passaggio dell'azoto, sotto forma di nitrati, nelle acque superficiali e sotterranee: l’agricoltura biologica è una delle più efficaci leve per il recupero e la conservazione della qualità dell'acqua.